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La sorte dei figli di genitori separati


11 Novembre 2012In Associazione, Eventi, Figli per sempre10 Minuti

Convegno di “Crescere Insieme”

La sorte dei figli di genitori separati è il tema cruciale di cui si è discusso ieri a Bolzano, in un convegno di estrema attualità e sempre maggiore rilevanza sociale. Vicende come quella recente di Cittadella – ma infiniti sono i casi che occupano le cronache dei giornali – mostrano come i figli siano sempre più spesso l’oggetto di scontro, di ricatto e di baratto in caso di divorzio o di separazione.

I numeri, in Italia, sono ormai impressionanti: 90mila i figli coinvolti ogni anno nelle separazioni familiari, di cui 45mila sotto gli 11 anni. I divorzi si collocano nell’ordine dei 55.000 all’anno (dati 2010), e le separazioni più di 88.000 (sempre dati 2010). In Trentino le separazioni negli ultimi dieci anni hanno registrato incrementi del 63%, e in quasi il 70% delle famiglie che «saltano» sono presenti dei figli.

L’introduzione del divorzio negli anni Settanta un po’ in tutto l’Occidente ha sancito il diritto individuale a separarsi come incondizionato, e comunque prevalente sul diritto dei figli ad essere cresciuti da entrambi i genitori. La legge italiana del 1970, poi, concepita in anni in cui la donna era il soggetto debole della coppia, ha privilegiato la figura femminile in caso di separazione, favorendone l’affido dei figli (90% dei casi), la nuova gestione familiare e il trattamento economico e patrimoniale.

La mancanza di affidi condivisi e di spazi per esprimere la doppia genitorialità, della madre ma anche del padre, ha scatenato negli anni guerre furibonde, spesso finalizzate alle assegnazioni patrimoniali, in cui però i figli sono diventati oggetto di «scambio» e strumenti di pressione.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti, ed hanno dei risvolti drammatici. Quasi un milione di genitori separati (950mila) oggi in Italia possono vedere i figli soltanto poche ore a settimana.

Sono 150.000 le mamme e i papà che hanno perso ogni contatto con i propri bambini. Di media un centinaio di casi l’anno di omicidi o suicidi si registrano in famiglie in fase di separazione, a causa dell’esasperata conflittualità che si è determinata.

Tutto questo non può essere affrontato né con l’emotività e i polveroni mediatici che si assistono ciclicamente (scatenati o alimentati dall’uno o altro dei genitori), e che risultano più devastanti ancora della guerra in atto fra padre e madre.

Né può essere affidato alle sole «cure» di avvocati e consulenti, i quali spesso hanno come unico fine quello di prolungare il più possibile le tensioni familiari, alimentando il contenzioso per lucrarne le sostanziose parcelle. Né gestito dai giudici sulla base della legislazione attuale, vecchia ormai di decenni, o svuotata di fatto di operatività come nel caso della legge N.54 del 2006 sull’affido condiviso, volutamente affossata e resa impraticabile.

È necessario, insomma, con urgenza mettere mano al quadro legislativo, per rendere il divorzio non più una «scelta di vantaggio» per uno dei coniugi che, separandosi, ottiene l’esclusiva (o quasi) cura e gestione dei figli, finanziata dall’altro coniuge che non ha più voce in capitolo (o quasi) sulla destinazione dell’assegno, spesso sostanzioso, che è invece tenuto a versare. E dall’altra occorre fissare dal punto di vista legislativo che il diritto dei genitori a «rifarsi una vita» è subordinato al bene dei figli e al diritto dei figli ad essere cresciuti da entrambi i genitori. Insomma, un intervento radicale anche sull’istituto dell’affido condiviso, che oggi di fatto non funziona (o soltanto parzialmente) o non è applicato.

L’obiettivo deve essere quello di garantire ai figli rapporti equilibrati con entrambi i genitori anche dopo la cessazione della loro convivenza, senza privilegiare madre o padre a scapito dell’altro ma anzi consentendo che entrambi i coniugi partecipino con pari impegno alla vita familiare. Inoltre l’obiettivo esplicito deve essere quello di impedire che il comportamento di un genitore nei confronti del figlio sia contrario all’interesse del minore stesso, perché volto ad isolare, delegittimare o screditare l’altro genitore, con effetti scardinanti sull’equilibrio e sugli affetti del ragazzo.

Insomma, è necessario che si arrivi a distinguere la relazione di coppia (che può essere esaurita) dalla relazione genitoriale, la quale invece non si esaurisce quando la coppia si separa e va esercitata in pienezza e a pari modo da entrambi, madri e padri. Oggi si assiste invece a situazioni insostenibili (per lo più di padri separati) costretti alla povertà dalla separazione avvenuta e privati della possibilità di vivere la relazione con i propri figli.
O addirittura a situazioni in cui un genitore (quasi sempre la madre) abusa della posizione privilegiata ottenuta nei confronti dei figli per ricattare l’altro coniuge chiedendo assegni più sostanziosi dietro la minaccia di negare le visite ai figli, o aizzando i figli contro l’eventuale nuova compagna.

Come fare, allora, per mettere al primo posto il diritto dei figli alla «bigenitorialità», rispetto alle pretese individuali degli ex- coniugi? Come garantire, insomma, la tutela dei minore affinché possa continuare a ricevere cure, educazione ed affetto da entrambi i genitori?

Una riforma in tal senso dovrebbe introdurre il concetto di doppio riferimento abitativo, consentendo ai figli di vivere in maniera paritetica con entrambi i genitori, perché entrambi verrebbero chiamati a prendersi cura pariteticamente e personalmente del bambino, senza che uno dei due venga «espulso» dalla vita del figlio.

In secondo luogo andrebbe rivisto completamente il sistema del mantenimento economico, che oggi fa sì che uno dei due genitori paghi e l’altro disponga dell’assegno in maniera sostanzialmente libera e discrezionale. Serve che entrambi i genitori mantengano direttamente il figlio, «ciascuno per i capitoli di spesa che gli sono assegnati», come da tempo sostiene il professor Marino Maglietta, presidente nazionale dell’associazione «Crescere insieme». Di fatto, entrambi i genitori vivono con il figlio, ne pagano una parte delle spese e per quella parte ne decidono, ovviamente in maniera proporzionale alla capacità economica di ciascuno. In tal modo verrebbe a cadere la necessità dell’assegno, oggi elemento di scontri ferocissimi e violenti, mantenuto solo in caso di squilibrio forte dei due redditi, o quando uno dei due genitori rinuncia alla gestione diretta.

Ciò che va perseguito, insomma, è la separazione fra i due piani, l’assegnazione della casa familiare e quella dell’affido dei minore, perché quest’ultimo è destinato ad abitare con entrambi i genitori, suddividendo il tempo un po’ con uno e un po’ con l’altro. In tal modo viene a cadere la pretesa della casa da parte di un genitore sull’altro, nascondendo proprio dietro la lotta per il figlio la battaglia per il controllo dell’abitazione.

Una riforma di tal specie consentirebbe di spezzare il perverso automatismo che fa sì che la separazione della coppia si tramuti obbligatoriamente in separazione dei figli da uno dei genitori, garantendo loro una vita affettiva più completa e non «moncata», in gran parte dei casi per interessi economici di uno dei due ex coniugi.

In più, in questo nuovo contesto normativo meno «drammatico» in caso di divorzio, si riuscirebbe ad evitare (o almeno a ridurre) molte delle separazioni che si determinano per motivi prevalentemente economici, e si scoraggerebbe la semplice convivenza in quanto meno vincolante del matrimonio in caso di separazione. Il risultato è che oggi nella maggior parte delle coppie conviventi con figli, la cessazione del rapporto finisce per penalizzare la parte più debole della coppia, che non ha alcun diritto sancito da impegni matrimoniali.
In molti affermano che il prossimo parlamento dovrà esser costituente. Dovrà esserlo anche in ambiti fondamentali come la famiglia e il diritto dei figli all’affetto di entrambi i genitori.

Alto Adige
Venerdì 26 maggio 2023

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