«La nostra è una società senza padri» – Claudio Risè a Trento

Il consultorio per il singolo, la coppia e la famiglia di Trento, ha deciso di promuovere alcuni percorsi di sensibilizzazione sulla e di rinforzo alla funzione paterna. A partire da febbraio verranno inseriti all’interno dei corsi di accompagnamento alla nascita, degli specifici momenti dedicati ai futuri padri per approfondire i diversi aspetti legati al proprio ruolo dal momento della nascita all’intero percorso di crescita del bambino. L’avvio del progetto domani con l’incontro-dibattito a cui parteciperà Claudio Risè, scrittore, giornalista, docente universitario, psicoterapeuta psicoanalista. All’auditorium del centro servizi sanitari dalle 15.30 alle 17.30.
Quello del padre è un ruolo da ritrovare ed è un’emergenza della quale se ne sono accorti anche ai consultori, tanto da promuovere in collaborazione con l’Azienda Sanitaria, un progetto che ne rinforzi il ruolo. Ieri c’è stata la presentazione di un percorso che si articolerà con corsi, gruppi di ascolto e di lavoro ai quali potranno partecipare tutti gli uomini che già sono padri o sono in procinto di esserlo. Relatore atteso, Claudio Risè scrittore e psicoterapeuta.
Quando nasce la difficoltà di essere padri ?
Inizia con l’industrializzazione che ha rotto quell’unità lavorativa vissuta dal padre e dai figli che ha iniziato ad essere un grande assente. E’ andata poi accentuandosi nel periodo delle due guerre mondiali dove il padre è scomparso e la famiglia è diventata matriarcale. Mentre esplode oggi con lavori che “rapiscono” il padre che riesce ad essere a casa, sempre per spazi minori.
La figura paterna paga il rapporto con una figura femminile più forte?
Il rafforzamento del ruolo della donna ha indubbiamente contribuito a rendere la figura del padre più debole. Specialmente dagli anni 1970 in poi quando ha avuto inizio il radicale cambiamento della famiglia e del mondo del lavoro.
Paradossalmente la disoccupazione favorisce il recupero del ruolo del padre?
Sì, perché porta ad avere un tempo maggiore da dedicare alla famiglia. In questo caso bisogna però riuscire a compensare i problemi dell’essere senza lavoro, con quelli di un maggior impegno famigliare. Lo si è visto anche in quegli Stati che concedono assegni famigliari importanti, dove sono molti gli uomini che hanno deciso di rimanere a casa con i figli.
Come valuta l’ iniziativa presentata dall’Azienda Sanitaria?
Una novità assoluta. Pensi che a livello professionale, ho iniziato prima ad occuparmi degli uomini e poi dei padri. Il primo convegno lo organizzai nel 1973 ed i colleghi rispondevano così al mio invito: cosa c’è da dire sui padri?
Quindi gruppi di lavoro, punti d’ascolto sono fondamentali?
Si deve prendere atto che è una figura in crisi e come tale può trovare un aiuto dialogando con i propri simili e arrivare a comprendere insieme agli altri padri, quali possono essere le soluzioni. Ma prima di arrivare questo livello, si deve passare attraverso l’esposizione dei propri problemi. Mi sento di dire che si è superato un tabù ed oggi il padre, è disposto a confrontarsi.
Parliamo di padri separati.
Sono assolutamente sfavoriti da una legge che non li tutela in assoluto. Prosegue un’assegnazione maggioritaria dei figli alle madri il che estromette di fatto i padri dal percorso educativo dei figli. Riflettiamo su un dato statistico: un matrimonio su due finisce con la separazione che in due casi su tre, è chiesta dalla madre alla quale va il 90% degli affidamenti dei figli.
Per i padri quindi, difficoltà sempre e comunque.
Ormai è consolidato il concetto che la nostra è una società senza padri. La maggior parte dei figli crescono in famiglie con la figura materna predominante per una situazione che comporta anche elevati costi sociali. Mi ha colpito una frase pronunciata da Obama durante la campagna elettorale: “L’America ha bisogno dei padri”.